L’attività dell’U.S.D. Lavagnese è da decenni rivolta al calcio, ma non va dimenticato, a testimonianza della denominazione “Unione Sportiva”, di come lo statuto dei fondatori includesse anche la pratica di diverse discipline (tra cui ciclismo, podismo, nuoto).
L’atleta simbolo che incarnò lo spirito del club polisportivo nato nel 1919 e che si distinse nel dopoguerra nel football fu Giovanni “Nanni” Raffo, nato a Lavagna il 5 novembre 1922.
Sembrò a molti un predestinato: il padre Luigi tre anni prima aveva ospitato presso la propria casa di Via Roma la riunione decisiva della fondazione e diventò presidente nel 1924. “Nanni” crebbe perciò in una famiglia dalla forte vocazione sportiva, in un periodo politico in cui l’educazione fisica dei giovani veniva prescritta dal regime, anche con il vincolo alla partecipazione alle manifestazioni del sabato. Fu perciò naturale per lui, negli anni in cui l’attività della Lavagnese venne svuotata e convogliata in quella del Fascio Giovanile, aderire alle gare locali di mezzofondo e staffetta, ai tornei di propaganda di calcio, a quelli di pallacanestro che lo videro eccellere al punto da ricevere la convocazione nella Nazionale Giovanile.
Il volano fu rappresentato dall’inaugurazione dello stadio comunale “Riboli”, un’attrazione irresistibile per un giovane come Raffo spinto al poliatletismo e desideroso di rendere un’identità sportiva alla sua città. Il nuovo impianto, oltre al campo da calcio da 100x60 metri, includeva pure cinque corsie in rettilineo da metri 100, un campo di pallacanestro, uno da tennis e due da bocce e non di rado si scorgeva Raffo scavalcare le recinzioni per partecipare nello stesso pomeriggio a più eventi.
Poi arrivò il fronte ad interrompere le passioni giovanili, ma dopo la prigionia negli Stati Uniti, al ritorno venne incluso nella rosa 1946-47 che approcciava la Serie C. Mister Scapini ed il capitano “Lello” Gatti lo dirottarono a far legna a centrocampo e la mossa diede i suoi frutti, anche al netto di due piedi non proprio sopraffini.
Il viso arrossato già dopo qualche scatto e la precoce stempiatura ingannarono al principio gli avversari, convinti di avere a che fare con una logora mezzala (indossava il n. 8 di maglia) prossima al ritiro. Invece “Nanni” emergeva, grazie al fondo atletico, con il passare dei minuti, lottando su ogni pallone e rientrando sull’uomo anche dopo un dribbling subito. I compagni ne apprezzavano la generosità e la corretta tenacia. Con il tempo si propose abitualmente in area avversaria alla ricerca della deviazione vincente: non si sapeva dove la palla sarebbe finita, ma lui c’era a farsi largo nella mischia. Divenne il “vecio” della squadra e dopo nove anni di Unione chiuse con 222 partite di campionato all’attivo, condite da 49 reti.
La beiga bianconera era tuttavia un tarlo agrodolce rimasto nell’anima e quando il padre lasciò i quadri dirigenziali, “Nanni” pensò bene di perpetuare il legame famigliare con il club accettando alla fine degli anni Sessanta l’incarico di magazziniere, ruolo che tenne per lungo tempo. Dal centro del campo passò al centro dello spogliatoio: restava il contatto con i ragazzi bianconeri, per cui curava divise, tacchetti e condizioni del terreno di gioco, e rimaneva la sensazione di essere parte della partita della domenica, un autentico toccasana per uno sportivo come lui dalla ormai non più verde età.
Ci ha lasciato il 14 marzo 2001.
Articolo, interviste e foto a cura di Gianluigi Raffo
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