Storie di un altro calcio, coi nostri occhi ai limiti del grottesco. Protagonisti i ragazzi lavagnesi degli anni Venti, che in assenza di un campo omologato, cercano ogni occasione per sfogare la loro passione. Piazza Indipendenza (Piazza Marconi) e Piazza Umberto I (Piazza della Libertà) spesso trasformate in terreni da gioco, con residenti e commercianti a lamentarsi giornalmente del fracasso e dei danni subiti per qualche tiro fuori bersaglio…
L’U.S. Lavagnese canalizza questi fermenti e prende parte ai tornei dell’Unione Libera Italiana del Calcio (ULIC), una federazione che dà largo spazio al mondo giovanile, permettendo l’autogestione degli atleti e la partecipazione ai tornei senza le tasse, i vincoli e le multe che caratterizzano il mondo della F.I.G.C. Tuttavia, con l’entrata del fascismo nello sport (1926), anche queste attività vengono inquadrate nella sezione sportiva dei Dopolavoro cittadini: il regime si assume l’onere dell’organizzazione di tornei di propaganda, mantenendo in efficienza gli impianti, ma nel contempo…. controlla meglio il tempo libero dei giovani lavoratori.
Uno di questi tornei calcistici parte a Genova nel novembre 1928 e vede la partecipazione di 44 squadre iscritte in 3 gironi da 12 (le genovesi e l’Opera Nazionale Dopolavoro Lavagna, composta da elementi dell’U.S. Lavagnese) e in uno da 8 (le savonesi). Le prime classificate di ogni girone si sarebbero disputate nelle finali la prestigiosa “Coppa Pacchiani”, in bella mostra in una delle vetrine più ammirate della centralissima Via XX Settembre. Il torneo si svolge regolarmente e raccoglie consensi fino all’8.a giornata, con l’O.N.D. Lavagna in grande forma, secondo e imbattuto e con lo scontro diretto contro la capolista O.N.D. Postelegrafonico ancora da disputarsi.
I giocatori lavagnesi mantengono nel possibile la forma fisica durante le feste natalizie: la notizia aveva corroborato tutto l’ambiente sportivo e poi era concreta la speranza di portare in città l’ambito trofeo, dando seguito al titolo tosco-ligure ULIC già conseguito nel 1924.
Ad inizio 1929 il comunicato choc: il Direttorio Sportivo impone l’interruzione e la trasformazione del campionato dopolavoristico in uno analogo di “volata” e fa continuare il calendario ripartendo dalle posizioni assunte in classifica. Quindi non uno stravolgimento di programma, ma un vero cambio di sport!
La “volata” era stata diffusa dal regime per contrapporsi al dilagante diffondersi di sport di origine britannica ed, assumendo gli elementi essenziali di calcio e rugby, si pensava ne potesse sostituire l’interesse negli appassionati. Le squadre erano composte di soli 8 giocatori (un portiere, due terzini, tre mediani e due punte), da schierarsi in un campo più ridotto. In molte azioni gli atleti avrebbero potuto utilizzare qualunque parte del corpo.
Il Direttorio Sportivo di Genova lascia due mesi alle locali sezioni dei Dopolavoro per allenarsi alla nuova attività, in modo da riprendere il campionato la prima domenica di marzo 1929. Ripresa che effettivamente avviene dopo un fragoroso abbandono di squadre, ivi compreso quello formato dagli sbigottiti calciatori lavagnesi. Tra di essi pure Stefano Sanguineti, padre del popolare Armando “Bingi” scomparso recentemente, arcigno difensore dell’Unione tra il 1965 e il 1972, e testimonianza di quanto la passione per i colori bianconeri, al di là delle vicende agonistiche, resti immutata tra le generazioni.
Articolo, interviste e foto a cura di Gianluigi Raffo
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